LE ORIGINI DEL CAPODANNO

…”Nell’antica Roma, il primo giorno del mese (in latino calendae, da cui il nostro calendario) di gennaio il pontefice offriva a Giano farro con sale e una focaccia fatta con cacio grattugiato, farina, uova e olio per propiziare l’influenza benefica del dio sulla natura e sui futuri raccolti. Quel giorno non era vacanza, anzi gli atti lavorativi avevano un valore rituale, secondo le prescrizioni di Giano che dice, come riporta Ovidio: “Consacrai al lavoro l’anno che appena comincia perché non sia l’intero ciclo ozioso”.
I Romani invitavano gli amici a pranzo per scambiarsi un candido vaso di miele con datteri e fichi secchi: “Perché l’anno che inizia sia dolce”, dice ancora il poeta. I fichi, detti strenae ‒ da cui il nostro strenna ‒ erano accompagnati da foglie d’alloro, come augurio di fortuna e di felicità. Le foglie e i ramoscelli erano raccolti nel bosco sacro della dea Strenia e ornavano anche le porte degli edifici più importanti, come il tempio di Vesta, le Curie, le case dei flamini maggiori (sacerdoti).
Nell’Italia meridionale è rimasta questa usanza: per capodanno si regalano fichi secchi avvolti in foglie d’alloro. Il dono affonda le sue radici nelle più elementari regole sociali, è la modalità culturale per allacciare e mantenere relazioni costanti. Nel grande gioco sociale non venivano dimenticati i defunti, che dall’aldilà portavano regali ai bambini: ancora oggi in Sicilia sono i morti che portano i doni…”
Fonte: Enc. Treccani